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Thumb un violoncello siberiano sulle sponde del lago di como page 001

Interview for CORRIERE DELLA SERA

"Sabato, nella natia Siberia, Nikolaj Shugaev ha tenuto un concerto con orchestra il cui ricavato è andato ad una bambina gravemente malata: «Aiutare il prossimo non solo idealmente ma concretamente è uno dei doveri che sento più cogenti: se penso a quanto la Provvidenza mi ha concesso in soli 27 anni non posso non voler contribuire in qualche modo a che anche il mio prossimo faccia esperienza del buono e del bello». Basterebbero queste parole per far capire la tempra di questo violoncellista siberiano («nato il 4 marzo, come Vivaldi: e già questo è stato un buon inizio», scherza lui) che domani sarà ospite al Festival di Cernobbio, creato dal patron della Società dei Concerti Antonio Mormone come atto di puro mecenatismo: concerti gratuiti nella cittadina lariana e in piccoli centri limitrofi, voluti per offrire anche in provincia un saggio di quello che regala al pubblico milanese in Conservatorio. «Con me esporta davvero la sua Società», dice Shugaev. «Mi ha fatto debuttare nel suo ciclo per i giovani all?auditorium Gaber, poi mi ha promosso nella serie maggiore: non sono molti quelli che come Mormone scommettono sui giovani non perché siano sponsorizzati da un?agenzia: mi ha invitato nel suo studio, mi ha ascoltato, ci siamo confrontati e solo dopo mi ha ingaggiato». La sua vocazione nacque grazie a Rostropovich, ma lo spirito del grande Slava gli è stato consegnato da un torinese: «A 4 anni vidi una sua registrazione e ne rimasi incantato; avevo le dita lunghe, mi dissero che comunque sarebbe stato meglio il violoncello che il violino. Imparai in fretta (ha frequentato la Gnessin, la più selettiva scuola musicale russa) e divenni membro della Fondazione Rostropovich; lì conobbi Enrico Dindo, che di Slava fu pupillo, allievo e amico fraterno. Quando andai a Lugano per perfezionarmi me lo ritrovai come insegnante: la chiusura di un cerchio perfetto!». Il programma si apre con la prima Suite di Bach, brano prediletto da Dindo: «Sa come farmi ottenere colori, arcate, piani e forti che non pensavo nemmeno possibili; su Bach insiste molto sulla naturalezza». Poi tre contemporanei: la Suite di Cassado, Bunrako di Mayuzumi e Blues time di Koeppen: «Non esiste solo la classica; e oltre a suonare gioco a calcio e hockey su ghiaccio: tempra il carattere».© RIPRODUZIONE RISERVATA

Parola Enrico"


Milano, 07.12.2015